“Cosa ne pensi di Amici?” Se sei un ballerino, almeno una volta nella vita ti avranno rivolto questa domanda. Magari, qualcuno ti avrà avvicinato ad una cena e ti avrà chiesto: “Sai, mi piacerebbe sapere che ne pensi tu che sei del mestiere.” Personalmente, seguendolo, non ho mai avuto problemi a dire la mia. Se, invece, sei tra coloro che non lo seguono, non potrai fare a meno di notare la cocente delusione. “Peccato. Speravo che potessi dirmi qualcosa.”
La danza genera soggezione?
“Ti piace Amici?” Ciò che mi colpisce di questa domanda è il modo in cui incarna un’insicurezza generale. La danza genera soggezione? Così pare. Agli occhi dello spettatore televisivo medio, la danza appare come un’arte complicata da capire ed apprezzare. Oggigiorno, le persone condividono ogni tipo di opinione. Recensiscono con estrema disinvoltura i film che hanno visto, i programmi televisivi che seguono e la musica che ascoltano. Ma, quando si tratta di danza, tendono ad inserirla in una categoria separata. Provo a spiegarmi meglio.
D’un tratto, è come se il loro gusto e il loro istinto si sentissero inadeguati. Le persone presumono che la danza richieda una conoscenza privilegiata. Pensano che necessiti di un certo livello di competenza per essere decodificata e compresa. Quindi, mentre i telespettatori assaporano l’esibizione di un concorrente che esegue una serie interminabile di virtuosismi sul brano pop del momento, sono scettici riguardo alle loro stesse impressioni. “I movimenti saranno stati eseguiti correttamente?” Il punto è proprio questo.

Beh, allora accendi la TV e guardati Amici
Non tutti, però, sono frenati da questa incertezza e, la popolarità di Amici, o di altri Talent Show, come So You Think You Can Dance, ne è la prova. Poi, ci sono altre persone, molte delle quali vivono di danza, che considerano questi spettacoli come una banale commercializzazione della loro forma d’arte. Ma, proseguiamo per gradi.
Recentemente sono andato a teatro per assistere a uno spettacolo di danza. Sono sincero. Quel che ho visto non mi è piaciuto molto. Ma, la sincerità, si sa, non paga. Ho commesso l’errore di esserlo stato (forse, un po’ troppo!) con l’assistente del coreografo. Lui, di tutta risposta: “Beh, allora accendi la Tv e guardati Amici su Canale 5.” La sua malcelata stizza era palese. In effetti, me lo sono meritato. Sono stato fin troppo diretto e, con gli artisti, meglio non esserlo, fidatevi! Fatto sta, che ho preso a cuore il suo consiglio. Rientrato a casa, ho deciso di (ri)guardarmi le puntate finali dell’ultima stagione, l’edizione numero 20. È tardi. Accendo il computer, metto le cuffie e mi sparo lo spettacolo. Fortunatamente, è tutto online.

Amici e l’arte di impressionare
Mi è piaciuto quello che ho visto? In due parole: non proprio. Significa che la danza non è di alto livello? Niente affatto: spesso è eccellente. In quest’edizione, poi, i concorrenti sono davvero forti. È difficile individuare un preferito ma, alla fine, come tutti, so benissimo chi è il mio. Mi piacciono Serena e Alessandro. Entrambi sfoggiano linee classiche notevoli ed eseguono giri e salti meravigliosi. Sono dotati di un’eccellente tecnica che, di sicuro, farà ottenere loro ingaggi in compagnie di balletto di prim’ordine.
E poi, c’è Giulia. È lei la mia prima scelta. Una giovane ballerina molto versatile. Quando riesce ad abbandonare la sua innata timidezza si trasforma in una performer avvincente. Fonde una musicalità acuta con la ferocia fisica necessaria per padroneggiare magnificamente tutti gli stili, dal Modern all’Hip Hop. È una di quelle interpreti che sembrano capaci di tutto.
Ma, c’è un ma. Di sicuro, sono impressionato dal calibro di queste esibizioni. Però, essere “impressionato”, ha poco a che fare con quello che mi aspetto o voglio dalla danza. Immaginate se la letteratura fosse incentrata solamente sulla sua capacità di impressionare. Un libro deve provocare pensieri e sentimenti, turbare e ispirare, mitigare la separazione che c’è tra conscio ed inconscio, non “impressionare”. L’arte non può solo impressionare, sarebbe riduttivo.

Le coreografie
E quindi? “Qual è la tua opinione su Amici?” Non ne ho una sola. A volte mi emoziono, a volte sono distaccato. A volte, molto irritato. Credo che sia comprensibile provare diverse sensazioni guardando un programma televisivo incentrato sulla tua passione. Dunque, mi impongo di non essere tranchant nei miei giudizi. Il primo grande problema che ho con Amici sono le coreografie.
Le sequenze, che di solito durano meno di due minuti, sono perlopiù assoli. Mi mancano come l’aria le coreografie corali, quelle dove solo la danza è la vera protagonista. Il corpo di ballo dei professionisti, ad esempio, è usato esclusivamente a servizio del concorrente di turno. A mio avviso, è uno spreco di talento.
Le coreografie catturano l’attenzione richiedendoci il minimo sforzo. I danzatori, in genere, “recitano” la musica. Sfruttano il facile sentimentalismo già presente nel brano. Si cade, spesso, nel terribile cliché della danza “interpretativa”. Ci emozionano perché i danzatori “letteralizzano” i testi delle canzoni. A mio parere, quando la danza è apprezzata non per il suo contenuto coreografico vero e proprio ma per i corredi narrativi che circondano questo contenuto, lo spettacolo non riguarda più la danza. Si tratta di reality TV.
Le coreografie utilizzano trucchi a buon mercato e sono piene zeppe di acrobazie ginniche. È difficile da spiegare a parole. Quale potrebbe essere la giusta analogia con un’altra forma d’arte? Ecco, ci sono. Immaginate un cantante d’opera che si esibisce centrando, di continuo, solo il “do di petto”.

Amici, la fabbrica delle emozioni
Sono convinto che le emozioni costruite a tavolino e le conseguenti lacrime forzate non hanno nulla a che fare con la danza vera e propria. Tuttavia, in questo tipo di televisione, le esibizioni dei concorrenti sono rigorosamente accompagnate da filmati sulla loro vita reale. E giù con i ricordi di quand’erano piccoli, quelli delle loro famiglie (se problematiche tanto meglio!) I contributi video enfatizzano i sacrifici che questi ragazzi hanno affrontato per arrivare lì, proprio dove volevano essere. Insomma, viene da pensare che, se sei un tizio che ha avuto un’infanzia pseudo normale, non saresti, di sicuro, il concorrente ideale per questo tipo di spettacolo.
A condire tutta questa melassa ci pensano i coreografi. Puntualmente ci spiegano quale ispirazione emotiva li ha guidati nella creazione. I temi sono sempre gli stessi: bullismo, omofobia, razzismo, violenza sulle donne. Per carità, tutti degni del massimo rispetto ma, forse, un tantino abusati. Un pas de deux che celebri semplicemente l’amore tra due giovani, oramai, sarebbe accolto come avanguardia pura. In sostanza, i coreografi ci insegnano come guardare e capire la danza. Ci suggeriscono quali sentimenti dobbiamo provare. Ed ecco che il gioco è fatto! Al termine della performance la telecamera inquadra i giudici commossi. Il pubblico è in visibilio. Le ragazzine urlano come ossesse i nomi dei loro beniamini. I professori, che fino ad un attimo prima erano stati acerrimi rivali, si scambiano complimenti a profusione. E vissero tutti felici e contenti.
In effetti, queste splendide creature sono le “loro creature”. Dei professori, intendo. In quel preciso frangente, i concorrenti non possiedono più un passato. Per Amici non esistono le scuole di danza d’origine, né tantomeno i Maestri che hanno realmente formato questi talenti. Devo riconoscere che, in ben venti edizioni, non ho mai sentito spendere una parola di ringraziamento per il faticoso lavoro che fanno le scuole di danza nel crescere le nuove generazioni di tersicorei. Sono luoghi dimenticati da Dio. Ma, in realtà, è lì che ha avuto inizio la meraviglia. Non apriamo questo capitolo, almeno, non ora. Chi ho dimenticato? Ah, sì, la padrona di casa, Maria. Lei, a cui piace recitare il ruolo di chi si defila da tanto clamore ma, sotto sotto, è estremamente compiaciuta. Tutto procede a gonfie vele. Come darle torto? L’audience è alle stelle.

Eppure…
In una cultura in cui il pubblico si sente alienato dalla danza, insicuro su come guardarla, pensarci, godersela, l’approccio di Amici può sembrare piuttosto rischioso. Invece di incoraggiare le persone a impegnarsi pazientemente per capire cosa renda singolare e straordinaria quest’arte, ci si affida ad esperti di marketing e comunicazione televisiva. Il loro compito è quello di aggiungere alla danza ogni tipo di giustificazione e di distrazione. Il messaggio che ne deriva è che la danza è inadeguata. La danza ha bisogno di storie che intervengano per far sì che abbia senso ai nostri occhi.
È stato detto molto su come Amici abbia ispirato intere generazioni di giovani ballerini e abbia scardinato un’infinità di stereotipi. La gente ora sa che i maschi ballano, ed è un bene. La gente ora sa che danzare richiede tanta fatica fisica e dedizione al pari dello sport, ed è un bene. La gente ora sa che la danza comprende un’immensità di stili, ed è un bene.
Eppure, per me, la danza è, e sarà, sempre molto di più. Vi lascio citando Henry Havelock Ellis: “La danza è la più sublime e commovente di tutte le arti perché non è una mera traduzione della vita. È la vita stessa.” Queste meravigliose parole mi hanno ispirato nel creare il seguente video quando, a causa della pandemia, le nostre ali sono state violentemente tarpate. Buona danza.