Una grandissima affluenza di pubblico – che ha piacevolmente “costretto” la produzione a programmare ben due repliche per lo stesso giorno – ha caratterizzato, lo scorso 15 gennaio, il debutto romano al teatro Hamlet di AM GOD: il nuovo lavoro del coreografo Francesco Asselta.
NASCOSTI NELLA LUCE
AM GOD (nascosti nella luce) è una storia che parla di noi, del nostro tempo. Parla di debolezze e di virtù, di passioni e di frustrazioni ma, soprattutto, parla di quelle donne e quegli uomini che “imperano” sulle vite degli altri.
Questi ultimi sono sono le celebrità mediatiche, politiche, religiose: individui che dettano quotidianamente modelli di comportamento e stili di vita. Ma sono persone perlopiù inconsapevoli del ruolo sociale che svolgono e, sovente, sprovviste di un qualsivoglia senso dell’etica e della morale. Tuttavia, continuano imperturbabili a “emanare” la loro luce sul mondo, una luce ingombrante e invadente: è la luce della mediocrità ma che li fa sentire al pari di un Dio: da qui (I) AM GOD.
Lo spettacolo si sofferma anche sulle storie delle “piccole” donne e dei “piccoli” uomini che ogni giorno, invece, si sentono morire dentro: i “nascosti nella luce”. Le loro vite, infatti, sono offuscate da questa potente luce e loro si sentono inadeguati, in costante difetto. Sono esseri fragili e vulnerabili che anelano a una forma di riscatto perché: «AM GOD è una condizione possibile per chiunque», sottolinea il coreografo e regista Francesco Asselta.

LA DANZA DI “AM GOD”
Tredici danzatori (9 donne e 4 uomini) si presentano sul palcoscenico schierati a formare una linea orizzontale che occupa, per lungo, tutto lo spazio del proscenio. Capiamo immediatamente chi rappresentano, non solo dai costumi che indossano, ma, soprattutto, dai gesti che li identificano. Questi ballerini si incontreranno e si scontreranno, e la danza, in AM GOD, si farà costantemente metafora delle esistenze dei loro personaggi.
Il linguaggio coreografico è vario e attinge alla ricca esperienza di Francesco Asselta. La cifra stilistica che lo contraddistingue si riscontra nell’uso particolarissimo che gli interpreti fanno delle braccia e delle mani. I danzatori le muovono per fendere lo spazio, in una serie di movimenti continui e incessanti, col preciso intento di volerlo ricomporre a proprio piacimento.
Le tecniche più convenzionali, proprie della danza moderna e contemporanea, le ritroviamo, invece, nelle sequenze corali. L’intenzione del coreografo, però, non è quella di dar sfoggio della sua cultura ma, Francesco Asselta, usa la sua esperienza mettendola a servizio della drammaturgia.

“AM GOD” E LA PROVOCAZIONE
In AM GOD è chiara la volontà di far emergere le contraddizioni che segnano il nostro tempo usando la provocazione. Il coreografo, con i suoi quadri minimalisti – ma non per questo meno intensi -, ci fotografa ma non ci giudica. A lui interessa, appunto, lanciare delle provocazioni che inducano alla riflessione.
Ed ecco che, nella medesima scena, al duetto d’amore sulle note di Mozart – una scelta musicale che vuole essere un chiaro omaggio a Petite Mort di Jiri Kylian – si contrappone la lotta fra i due politici. Qui, il coreografo, a mio avviso, raggiunge il suo scopo: siamo tutti attratti dalla “lotta” piuttosto che dalla danza dei due giovani amanti. È palese – lo notavo anche osservando gli spettatori seduti accanto a me – che il nostro sguardo è ormai corrotto. Ci scopriamo meschini: persone attirate da ciò che è primitivo e volgare… Non siamo più capaci di elevare il nostro spirito e guardare alla bellezza.
Sono molteplici i momenti in cui il racconto di AM GOD si fa poetico ma, al contempo, sempre disturbante e provocatorio. Penso a un altro passo a due, quando il prete cede alle sue tentazioni, corrompendo la perpetua e abusando di lei: ne pagherà le conseguenze in una scena dal forte impatto visivo. Oppure, quando una bimba trascina al guinzaglio i suoi genitori, strattonandoli a destra e manca del palcoscenico, servendosi della catena con la quale ha cinto loro il collo.

PERCHÉ VEDERE “AM GOD”?
AM GOD è uno spettacolo che va visto perché ci ricorda che in Italia la danza contemporanea indipendente è ancora viva. È una danza che non si risolve nella spettacolarità dei passi ma, soprattutto, si concede alla narrazione e alla riflessione. Questa danza esiste e ha molto da dire. Le giovani compagnie, i coreografi emergenti, i danzatori che la vivono tutti i giorni con passione e sacrificio, meritano tutto il nostro sostegno.

IL COREOGRAFO E IL CAST
Il coreografo, Francesco Asselta, nel marzo del 2013 crea il suo primo spettacolo: Le tre fasi dell’amore, dove il corpo di ballo viene accompagnato da un’orchestra dal vivo e da un producer di musica elettronica. Nel 2015 nasce la Francesco Asselta Company Dancers con la quale, nel 2017 e nel 2018, mette in scena lo spettacolo: Pasolini Contemporary Glance. Contemporaneamente crea The Window, una rassegna coreografica di danza contemporanea rivolta ai giovani professionisti emergenti. Nel gennaio 2020 debutta con lo spettacolo AM GOD (Nascosti nella luce).
Il mio più sentito applauso ai giovani danzatori della Compagnia: energici, intensi e molto credibili. In ordine alfabetico: Claudio Barletta, Marco Belsito, Alessia Calatola, Claudia Coretti, Simona Dibello, Giorgia Duro, Sofia Macinanti, Virgil Maggiorani, Sara Parisella, Margherita Petrosino, Jasmine Pili, Paola Saribas, Mattia Sausto.
